La decenza comune

Alberto Cellotto

La decenza comune

Antologia della Collana Gialla

La decenza comune di Alberto Cellotto si muove con naturalezza

tra le maglie di un’ironia colta, debitrice all’insegnamento di

Fortini (“Potrebbe essere […] Qualcosa comunque che non possiamo

perdere / Anche se ogni altra cosa è perduta / E che perpetuamente

celebreremo / Perché ogni cosa nasce da quella soltanto”) e del

paradossale Homo Democraticus di Ceronetti (“massificato senza far

parte di una comunità, single senza essere individuo, solo senza essere

libero”).

È così che trovano ragione e coerenza, in apparente assenza

di relazione, eppure accomunati da un reciproco rispecchiarsi,

acquisiti che vanno dal “blocco di ghiaccio enorme e

per pensare distratto: / non serve una favola, una farfalla o il sostegno

giù / di un odore, fuori della portata di una mano sudata / che tocca il

blocco enorme di ghiaccio e lo scioglie / quindi lo invidia in vista di un

rialzo di temperature”), fino al “nulla da dichiarare” di versi

quali “Vengo a passeggiare alla base della collina e passo al cinema /

senza colori. Non è l’albero più grande dei palazzi a qualche / giorno

dalla primavera. Una bella volta potrei cadere / dentro una buca di

foglie e mettermi a giocare coi nati / e incantare serpenti, sulle scalinate

noto le asole degli abiti”.

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