Una mappa poetica del confine - Pesniški zemljevid neke meje

Un “dono” del confine per chiunque apprezzi la parola poetica. Un viaggio di ricognizione in versi, dove lingue e pensieri sconfinano nel tempo grande, attraversando più volte il confine dalla Slovenia all'Italia e dall’Italia alla Slovenia. È la nuova pubblicazione bilingue Una mappa poetica del confine / Pesniški zemljevid neke meje, ideata e prodotta da Fondazione Pordenonelegge.it, a cura di Francesco Tomada e Gian Mario Villalta. Tutti potranno liberamente scaricarla dalla homepage del sito pordenonelegge.it a partire da giovedì 27 novembre, quando sarà presentata in anteprima a Gorizia negli spazi del Trgovski dom (corso Verdi 52), dalle 18. Ingresso aperto liberamente fino ad esaurimento dei posti disponibili. Prenotazioni sulla pagina mypnlegge del sito pordeonelegge.it.
Una mappa poetica del confine / Pesniški zemljevid neke meje include un itinerario di poesie e luoghi legati a otto autori e autrici di confine, caratterizzati da voci e timbri poetici significativi e qualificati, tutti capaci di esprimere, attraverso la loro opera, i territori che hanno vissuto e abitato. Sono Mario Benedetti, che nei suoi versi ha dato voce alla vasta area che spazia da Nimis a Cividale, da Taipana a Bovec, al Triglav; Tina Volarič, per sorvolare idealmente l’Alto Isonzo, Tolmino e Santa Lucia d’Isonzo; Miljana Cunta, per muoverci fra San Pietro, Nova Gorica, la grotta Vilenica e Lipica; Antonella Bukovaz, che farà spaziare il nostro sguardo fra Topolò, La Benecia, Il Matajur, I Prati di Tribil; Francesco Tomada, per esplorare il territorio fra Corno di Rosazzo, La Piana del Preval, Gorizia, Nova Gorica e Vertoiba; Jurij Paljk, per viaggiare fra Velike Žablje, Valle del Vipacco, Il Carso, Trieste e Terzo di Aquileia; Maja Vidmar, con un itinerario fra Nova Gorica, Salcano, San Daniele del Carso e Canal; e Ivan Crico: con i suoi versi ci addentreremo nella Bisiacaria, da Fogliano a Sagrado, Doberdò del Lago, Ronchi dei Legionari. Alla presentazione di Gorizia interverranno, oltre ai curatori Gian Mario Villalta e Francesco Tomada, i poeti Ivan Crico, Antonella Bukovaz, Miljana Cunta. Il progetto è sostenuto dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura nell'ambito di GO! 2025.
Spiega il curatore Gian Mario Villalta, direttore artistico di pordenonelegge: «Disporsi a incontrare il confine ultimo di una lingua è sempre fare una scommessa su dove si ferma l’infinito. E sarebbe davvero un’impresa ripercorrere la vicenda secolare che lega paesi, fiumi, montagne e lingue, lungo il confine tra Italia e Slovenia. Ma possiamo dire che troveremmo situazioni diverse, in luoghi diversi a volte vicinissimi, e in tempi che a volte determinano gravi sconvolgimenti. La storia non è stata sempre buona con queste terre, anzi, a volte ha mostrato il suo volto più terribile. Ma è sempre stata intensa, animata da forti impulsi, radicata nella propria dimensione territoriale. Percorrere oggi il confine con le parole dei poeti attuali significa forse trovare le tracce ancora vive del passato e assistere alla semina del futuro. Sono immagini, situazioni, desideri e paure, che trovano espressione nei versi, provenendo da una singolare esistenza che, come fa la poesia, accoglie in sé la voce della lingua, cioe quella di tutti. Con le parole dei poeti, dalla montagna al mare, possiamo disegnare una vera e propria “mappa poetica”, da seguire con l’immaginazione e, perché no, anche da visitare: cartina geografica e testo poetico alla mano».
Con il poeta Mario Benedetti si può percorrere la strada che da Nimis porta a Cividale, giù fino a Cormons e piu in alto, verso Ramandolo e Taipana, per poi varcare il confine e percorrere la strada fino al Triglav, a Log pod Mangarton (Bretto). Iincontriamo l’emozione di luoghi ancora selvatici, abitati non snaturandone la ruvidezza, come quelli che portano verso il Triglav, e ci chiedono di soffermarci nei borghi, oppure a contemplare il corso superiore della Soča, l’Isonzo. Dalla collina sopra Ramandolo, come da un alto anfiteatro, si sta seduti in alto e si guarda giù l’autunno accendersi nei colori, e poi si può scendere verso Cividale e il Collio, lungo la dolcezza del paesaggio, dove l’orizzonte segue le lievi ondulazioni del movimento collinare.
Tina Volarič, illustratrice e poeta, vive sul Carso sloveno. Silenzi a piu voci, l’opera che per la prima volta la fa conoscere al pubblico italiano, tradotta da Michele Obit, è composta da una prima parte di testi scelti dalla sua prima raccolta Cerchi di silenzi polifonici (Krožnice večglasnih tišin, JSKD 2014) e da una seconda di inediti Qui cresceva un albero. In questo percorso la poesia appare il “movimento” di una tessitrice che cuce le cose percepite “in nuove prospettive”, dove i paesaggi - le case di un piccolo borgo, una stanza, boschi, animali - si tengono insieme ai moti meccanici e alle galassie, superando la vastità dello sguardo.
Miljana Cunta, nativa di San Pietro di Gorizia, ha riscosso successo con il primo libro, Per metà del cielo (Za pol neba), edito nel 2010 dalle edizioni Beletrina di Lubiana, nel 2013 dato alle stampe anche in italiano, nella traduzione del poeta Michele Obit. La sua poesia d misura lo spazio dell’intimità e La scivola, si insinua, scava fino a quando non riconquista la dimensione intima della vita riappropriandosi del tempo. Al primo libro ha fatto seguito la raccolta Poesie di un giorno.
Originaria di Topolo-Topolove, borgo sul confine italo-sloveno, Antonella Bukovaz ha contribuito e contribuisce alle iniziative di Stazione di Topolo/Postaja Topolove. Il titolo della prima pubblicazione, Tatuaggi (2006), pur avvalendosi della sola scrittura, indica la pelle come la pagina dove s’inscrive l’immagine, segnale di una molteplicità di sollecitazioni percettive. Topolo è sul confine, Antonella Bukovaz parla lo sloveno quanto l’italiano: a volte si auto-traduce da una lingua all’altra e nello stesso modo, si sente a casa da una parte e dall’altra, ma forse casa sua e proprio il confine.
Francesco Tomada vive a Gorizia, una sensibilità etica e un sentimento di fraternità umana percorrono la sua poesia fin dalla prima raccolta, L’infanzia vista da qui (2005), e li attraversa la coscienza dell’inadeguatezza della parola nella comunicazione quotidiana. Nel 2021 esce Affrontare la gioia da soli, tappa di maturazione significativa. Numerose le collaborazioni con riviste, studi e antologie, è attento e sensibile soprattutto a ciò che accade sul confine, favorendo il dialogo tra la poesia italiana e quella slovena. Nel 2022 ha pubblicato il romanzo Il figlio della lupa, scritto a quattro mani con Anton Špacapan Vončina.
Jurji Paljk e nativo di Velike Žablje, nella Valle del Vipacco in Slovenia, ma vive in Italia, a Terzo di Aquileia. Scrive in sloveno, sua madrelingua. Le sue poesie sono state tradotte in italiano, friulano, inglese e in lingua ceca. È membro del PEN sloveno e dell’associazione degli scrittori sloveni (Društvo slovenskih pisateljev). Le tre lingue di Jurij Paljk sono l’emblema del confine di nord-est e l’allegoria della mappa, dove sono proposte alcune sue poesie del 1991, testimoni di una stagione di crisi contemplata ampiamente dalla letteratura di quegli anni.
Maja Vidmar e nata a Nova Gorica e ha studiato a Lubiana, dal 1984 al 2025 ha pubblicato otto raccolte poetiche e vinto numerosi premi, come il prestigioso premio Prešeren per la raccolta Prisotnost (Presenza, 2006). I riferimenti principali riscontrabili nelle sue poesie, evidenti a una prima lettura, sono quelli del modernismo novecentesco e, piu vicino a noi, del minimalismo e dei movimenti intellettuali nordamericani piu recenti. Poco viene concesso al realismo delle vicende quotidiane, all’aspetto descrittivo o narrativo: i paesaggi non si lasciano riconoscere e rimangono frammenti, schegge incerte, suggestioni.
Per Ivan Crico (1968) la parlata locale, il bisiac, che è stata la lingua dell’infanzia, si riaffaccia dopo i vent’anni Il vero soggetto della sua poesia è il paesaggio, esplorato in ogni dimensione, fino a farne emergere quasi un’esistenza propria, che assorbe anche l’individualità della voce poetante. Rievoca, non descrive: permane una distanza di tutto ciò che accade, anche delle presenze umane. Le sue poesie hanno avuto ospitalità in molte riviste, è sua la traduzione in italiano di un’edizione de I turcs tal Friul di Pier Paolo Pasolini. La Bisiacaria è il paesaggio proprio di Crico, in tutte le sue sfumature stagionali, principalmente di terra, di fossi, di canne e di nuvole, una terra dove pare di percepire sempre, non visto, il mare, quell’Adriatico che raggiunge proprio qui il suo più alto settentrione.
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