Andrea Marchesi, giornalista pubblicista. Ha ottenuto riconoscimenti e segnalazioni in diversi concorsi tra cui il Premio Internazionale Cesare De Lollis opera prima (Casalincontrada, Chieti) nel 2011. Alcune sue composizioni sono presenti in numerose antologie tra cui Miniantologia poetica 2006 3, Edizioni Progetto Cultura 2003, Roma; Il Lago Verde, ed. Lietocolle, Como 2006, Il Lago Verde, ed. Le Voci della Luna – Poesia, Sasso Marconi (BO). Nel 2012 ha pubblicato la sua opera prima Nodi per la casa editrice abruzzese Noubs Edizioni.
“Andrea Marchesi, Bergamo 1983 e la morte non me la dite, / ve la lascio immaginare per i posteri di qualcun altro.”.
E-mail: [email protected]
Sito web: http://andreamarchesiblog.wordpress.com/
La ruggine insegna
Sono le mattine dell’avvisaglia
schiumata a filo d’ossa, infallibili
groppi resumati di freddo cenere e argento.
Messo su il cielo a tocchi, impermeabile
quasi cosciente della mescolanza indefinita
che sfianca le nuvole d’azzurro gelo.
Il campanile a bucare l’essenza del crinale
misurato, ingenuo nel dinoccolare case
storte per storia e per assonanza
con la terra, con i giorni della merla
che indurisce oggi quel brivido lento.
S’insinua in questi posti disincantando
il gelone vecchio dell’inverno sazio
di pini, piantoni saggi che coloriscono
l’aria col fruscio d’un richiamo nel mattino
che sfocia a perpendicolo perfetto nel petto
del mezzogiorno, nell’eterno che curva
queste sembianze eretiche nella loro vertigine,
alte contro la natura dei sussulti disumani
della pietraia molata ai pianti del tempo
uno spazio indurito, implacabile.
Dilungarsi nell’assoluto dell’abbraccio
con questo colle + terra + mattoni
e miraggi che sgroppano al collo, assalgono
l’ultima voglia di partire, di restare marchiati
da questa attesa ferita sulla memoria
in su a ripiegare i passi del Réss.
La montagna è solo l’abisso della solitudine
niente scampo alla cerchia dei linguaggi
ossuti delle case che passano incostanti
raschiando incoscienti la via del ritorno.
La ruggine insegna al metallo la stanchezza
con le cose scolorisco, perdo costanza
del corpo, sbalza lo sguardo fuori dall’occhio
per vivere anch’io della vita dell’aria.
Effimera questa voglia di sapere il mondo,
di raggiungere il dialetto del socco puro
nato scuro e roso, perduto.
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