Alessandro Giammei è nato a Roma il 4 febbraio 1988 e ora vive a Pisa, dove è perfezionando in Lettere alla Scuola Normale. Si è laureato alla Sapienza con Biancamaria Frabotta e ha scritto su Saba e su poeti degli anni Settanta e Ottanta. Nel 2012 è stato visiting scholar alla New York University. Ha esordito con la raccolta Diramarsi (Aìsara, 2008) e altri suoi versi sono poi apparsi su AbsolutePoetry e PoetarumSilva. Un suo racconto intitolato Frighi è uscito nell’antologia NYX (Arkadia, 2011).
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Che freddo stamattina.
Che freddo in questo scampolo di secolo
sull’erba ghiaccia e pesta che non conosce impronte
(e che pure – senti? – è stata calpestata).
Col fiato, ci scaldiamo le mani alla fermata –
oh quanto disatteso augurio in queste
nostre facce arrossite – se troppo presto o fuori
tempo massimo che fa? In ogni caso
è tragico aspettarti. Le attese irrisolte – ah
quali destini per l’età incapace
di congedarti (questa) avevi disegnato –
sono il pane che ci ha allungato le unghie
e i capelli. Che noia. Non abbiamo diritto
a un poco di catastrofe anche noi
che siamo nati dopo?
Le vetrate di Trinity –
le vetrate di dietro a cui dicesti
"proteggete" – la brina all'asma delle bestie
dalla troppa festa spossate sciolgono.
Passando, le vediamo slogate dagli infissi
come spalle di atleti malandati
di dentro alla vettura – all’avventura dell’
autobus (che così poco agli utenti
garantisce). Non c’è binario, non c’è fune
e il bario che riveste la carrozza
non ossida, non eccita elettroni. Non sai,
in questo urlìo di libri che bisbigliano,
che il vetusto precetto alchemico si chiude
con un verso sepolto dalla neve?
Anche, – dice chiaro – si dia l’inverso.
Questionario