Ivan Schiavone (Roma, 1983) vive a Roma. Ha pubblicato le raccolte Enuegz (Onyx, Roma 2010) e Strutture (Oedipus, Salerno 2011), suoi testi sono presenti in riviste e siti letterari. Nel 2009 fonda con la poetessa Sara Davidovics la collana di materiali verbali ex[t]ratione per i tipi di Polimata. Collabora a diversi progetti collettivi inerenti video e performing art, teatro di ricerca, musica contemporanea. Vincitore del premio Minturnae 2012 per la giovane poesia.
Da venam, Lenaee pater a penetrar Luni e Urbisaglia, Chiusi e Sinigaglia
e Clunem, sine urbe. Les chiens se mettent à aboyer contre Sinis
Urbs et contre Lunam et contre Clausam Cluny et contre Clunem ma tu da lenam,
venalis pater, ligneae lena linea coi capelli turchini e il viso bianco
come un’immagine di cera che lenta si consuma al fuoco stinto di queste stanze
Queste stanze se mettent queste stanze se mettent à aboyer
in questa casa se mettent à aboyer contre leurs propres aboiements
in questa casa non c’è nessuno. Dirocca la rocca si spacca si spiccia
la roccia costrutta s’è rotto il costrutto rovina l’effige, quidquid
corpore contigero, fulvum vernatur in aurum, i giganti assopiti
I giganti assopiti les uns sur les autres i giganti assopiti divesque miserque
le membra immobili dei corpi immensi affiorano molli alla bruma cilestre
i giganti assopiti les uns sur les autres su cui piano s’accumula la polvere
i giganti assopiti divesque miserque su cui piano s’aumenta il silenzio
se déchirent en mille lambeaux tra l’eco e la vasta vetustà di queste stanze
Consuma il fuoco il tronco giro giro tondo consuma la fiamma il legno
casca la terra e si spegne la fiamma e crolla la corteccia in brace e copia nulla famem
relevat e si consuma dall’interno il legno et inviso meritus torquetur ab auro
e si spegne la brace in grigio e il tronco è un moncherino e allora che fai,
comme moi, costì alla finestra?
Ne tourne pas en derision ce qu’ils font: il tronco è un moncherino che lento si consuma. Aspetto,
che presto resta l’osso. Aspetto, che il tronco è un osso spolpo. Aspetto,
che casca il mondo che anch’esso si consuma: perché dormono i giganti? copia
nulla famem relevat ils ont soif insatiable de l’infini, comme toi, comme moi
aspetto la bara che venga a portarmi via. Da veniam, Lenaee pater! peccavimus